CRIPTO VALUTE

CRIPTOVALUTE

Il Commercialista
A cura del Dr. Stefano Baraldo info@studiobaraldo.it
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BARALDO

CRIPTOVALUTE

Il ricorso degli operatori alle valute digitali, sia per scopi commerciali, sia ai fini speculativi, pone non pochi problemi in relazione al trattamento dei redditi valutari conseguiti a seguito delle fluttuazioni del tasso di conversione, nonché in merito agli obblighi di trasparenza fiscale previsti dalla legge.

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente pubblicato un parere reso a fronte dell’interpell

o n.956-39/2018, in cui si esaminano i riflessi fiscali legati al possesso e movimentazione dei bitcoin da parte di persone fisiche al di fuori dell’attività di impresa.

Innanzitutto, l’Amministrazione finanziaria ha confermato l’obbligo di compilazione del quadro RW in quanto le criptovalute vengono equiparate, sotto il profilo fiscale, alle valute estere. Infatti, i soggetti residenti che possiedono direttamente o indirettamente “investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi”.

Il contribuente, pertanto, deve indicare in dichiarazione il controvalore in euro della criptomoneta secondo il cambio al 31 dicembre (o in caso di smobilizzo nel corso dell’anno, il valore di

disinvestimento) desumibile dal sito dove ha acquistato la valuta, contrassegnandola, alla colonna 3, con il codice di individuazione 14 – Altre attività estere di natura finanziaria. Non dovrebbe rilevare la soglia di 15.000 euro che delinea l’area di esonero dichiarativo dei depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero.

In tema di tassazione delle plusvalenze, realizzate mediante prelievo o vendita delle criptovalute, causate dall’oscillazione del tasso di cambio BTC/EURO, l’amministrazione finanziaria ritiene che debbano applicarsi le regole sancite dall’articolo 67 Tuir, in base al quale le plusvalenze valutarie appartengono alla categoria dei redditi diversi.

Bisogna però fare una distinzione: mentre le plusvalenze prodottesi a seguito di cessione a termine sono tassate indipendentemente dagli importi interessati (ad esempio, dei contratti derivati che attribuiscono il diritto od obbligo di cedere o acquistare, ad una data prestabilita, moneta digitale), quelle derivanti da cessioni a pronti sono imponibili soltanto qualora la valuta scambiata provenga da portafogli elettronici la cui giacenza media, espressa in euro, superi un controvalore di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta.

Il valore della giacenza rilevante ai fini della verifica del superamento della soglia, va determinato secondo il tasso di riferimento all’inizio del periodo di imposta in cui si verifica il presupposto della tassazione e considerando, quale prezzo giornaliero, il rapporto di ca bio rilevato sul sito dove si acquista la valuta virtuale, o in mancanza, quello rilevato sul sito dove si effettua la maggior parte delle operazioni. Ricorrendone i presupposti, quindi, la plusvalenza formerà reddito tassabile. Il contribuente  deve compilare il quadro RT , sez. II, del modello redditi persone fisiche, per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%; la base imponibile è data dalla differenza tra corrispettivo percepito e valore di acquis

to (determinato applicando il cambio storico calcolato col criterio L.I.F.O., o, nel caso di cessione a termine, applicando il tasso di cambio a pronti alla data di stipula del contratto), aumentato di ogni altro onere inerente alla produzione del reddito. Nello stesso quadro e secondo le stesse modalità è possibile riportare l’eventuale minusvalenza.

Infine, per i soggetti che effettuano compravendite a pronti, l’esposizione in dichiarazione rappresenta una via obbligata, non potendo applicarsi l’opzione per il regime del risparmio amministrato che, di converso, esclude gli adempimenti dichiarativi.

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