FONTANELLA

LA FONTANELLA DI MONTEORTONE NON È “MIRACOLOSA”, MA L’ACQUA È DOTATA DI VIRTÙ SALUTARI

FONTANELLAStoria di Abano

LA FONTANELLA DI MONTEORTONE  NON È  “MIRACOLOSA”, MA L’ACQUA È DOTATA DI VIRTÙ SALUTARI

Monteortone – Un posto particolarmente amato ed esplorato dai pellegrini in visita al santuario di Monteortone è la grotta con la fontanella della Beata Vergine della Salute, che si trova a destra del sagrato. L’acqua che vi sgorga è ritenuta miracolosa dalla tradizione popolare, ma, in realtà, non ci sono prove dei suoi effetti soprannaturali, per cui la Chiesa, giustamente, non s’è mai pronunciata in merito.

Per accedere alla grotta, il visitatore deve scendere una scalinata di 13 gradini in calcestruzzo, in fondo alla quale s’apre un cancello. Entrando nella nicchia, si può scorgere l’acqua che esce dalla bocca di un leone, scolpito sul muro: due putti in bassorilievo la raccolgono in un recipiente, sotto al quale è collocata una vasca a forma di conchiglia. Esternamente, ai lati del cancello, sgorgano altre due fontanelle d’acqua tiepida e solforosa (non potabile, perché ricca di elementi ferruginosi). Sulla temperatura di questi zampilli era nata, nel 1995, una curiosa polemica. Perché s’era provveduto a far scaturire l’acqua calda, termale, invece di quella fresca e dissetante che usciva, ad esempio, all’epoca di don Narciso Molon, terzo parroco di Monteortone? Pensiamo di poter rispondere adeguatamente a quest’obiezione, avvalendoci dell’ausilio della storia.

Raccontava il Callegari, sulla scorta dello storico Filippo Tomasino, che nella grotta vi erano due getti d’acqua: uno tiepido (18 gradi) ed uno fresco e zampillante. E quest’ultimo, detto impropriamente “acqua della Ma¬don¬na”, sarebbe servito a guarire il “mal d’occhi”. Si trattava della stessa vena che scorreva sotto la chiesa e che, prima dei lavori di consolidamento del tempio pericolante, si poteva attingerla all’interno, ai piedi dell’altare di Santa Monica. Rinvenuta nel 1429/’30, durante i lavori di scavo per l’erezione del santuario, vicino alla menzionata sorgente d’acqua tiepida nella quale il veggente Pietro Falco aveva trovato la guarigione, fu ritenuta anch’essa segno della materna protezione di Maria, risultando provvidenziale agli operai contro l’arsura della fatica e della stagione. È da concludere, dunque, che, se di “acqua della Vergine” si può parlare, tale definizione è da riferirsi senz’altro al getto tiepido, e non a quello fresco e assai gradevole che, peraltro, a motivo dell’abbassamento della falda,  cessò di zampillare nel 1980.

Insigni personaggi tra il XVI e il XVII secolo, quali Francesco Frigimelica e Alvise Bellacato, nonché il famoso chirurgo, farmacologo, naturalista, chimico e docente universitario Gabriele Fallop¬pio, decantarono e consigliarono l’acqua della Madonna come “rimedio mirabile”, soprattutto per guarire le malattie di reni e di fegato. Galileo Galilei in persona, venuto a Monteortone per attingere alla sorgente del santuario, rimase impressionato dal gran numero di pellegrini che facevano la fila per scendere alla grotta.

Esiste un prezioso documento – un avviso emanato dalla Congregazione della Carità il 6 maggio 1813 – da cui si evince che la suddetta acqua fu persino imbottigliata e venduta nelle farmacie di Padova “al costo di centesimi 8 per libbra, non compresa la bottiglia, la quale verrà restituita al farmacista dispensatore, o pagata in ragione del puro costo”. Interessanti le motivazioni addotte per giustificare l’operazione commerciale. Dice te¬stual¬mente il documento: “La Congregazione, animata pel bene dell’umanità, ed intenta sempre a promuovere quegli utili provvedimenti e riforme che guidar possano l’ammi¬nistra¬zione de’ Luoghi Pii el maggior grado possibile di perfezione ed emolumento, ond’ovviare alla frode dell’arbitrio, da questo momento avverte il pubblico che le vere ed originali acque del detto fonte non si dispenseranno più dal custode della sorgente, bensì nelle farmacie di Padova”. E così la prima farmacia ad accaparrarsi l’acqua fu proprio quella detta “della Carità”, sita  in Contrada del Bue, al civico 467.

Enzo Ramazzina