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“VITTO E ALLOGGIO”… ARGOMENTO POCO FELICE E MORTIFICANTE …

La rubrica dell’avvocato

avvocatoa cura dell’Avv. Monia Sorgato
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“VITTO E ALLOGGIO”… ARGOMENTO POCO FELICE E MORTIFICANTE …

Cassazione Civile, Sezione I, sentenza del 22 gennaio 2014, n. 1277

La vicenda giudiziaria ha inizio quando, alla cessazione di una convivenza di fatto, protrattasi per cinque anni, l’uomo, che aveva accreditato, con bonifici periodici, alla convivente, la somma di 120.000.000 di lire, agisce in giudizio per la restituzione di tale somma.

Questa è l’occasione per la Corte Suprema di Cassazione, innanzitutto, per richiamare la legislazione internazionale e nazionale relativa alla famiglia di fatto, quindi, per ribadire un proprio orientamento consolidato.

In particolare, la Corte richiama l’interpretazione resa dalla Corte di Strasburgo in merito all’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, il quale tutela il diritto alla vita familiare, in base alla quale deve ritenersi che la nozione di famiglia cui fa riferimento tale disposizione non è limitata alle relazioni basate sul matrimonio, e può comprendere altri legami familiari di fatto, se le parti convivono fuori dal vincolo del coniugio.

Inoltre, la Corte evidenzia come al predetto indirizzo corrisponda un orientamento inteso a valorizzare il riconoscimento, ai sensi dell’art. 2 della Costituzione, delle formazioni sociali e delle conseguenti intrinseche manifestazioni solidaristiche, nelle quali va ricondotta ogni forma di comunità idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione e, quindi, la stabile convivenza tra due persone.

La Corte, quindi, ribadisce un orientamento ormai consolidato della stessa, pei il quale i doveri morali e sociali che trovano la loro fonte nella formazione sociale costituita dalla convivenza di fatto incidono sui rapporti di natura patrimoniale, nel senso di escludere il diritto del convivente di ripetere le eventuali attribuzioni patrimoniali effettuate nel corso o in relazione alla convivenza.

Eventuali contribuzioni di un convivente all’altro vanno intese, quindi, come adempimenti che la coscienza sociale ritiene doverosi nell’ambito di un consolidato rapporto affettivo, che non può non implicare forme di collaborazione e di assistenza morale e materiale.

Ecco allora che, considerate le condizioni sociali ed economiche delle parti, il riferimento alla percezione da parte della convivente di “vitto e alloggio”, al fine di escludere la contribuzione ad esigenze personali ella stessa, costituisce, per la Corte, un argomento poco felice e mortificante, che non necessita di ulteriori commenti …