Talarico: «Tassa di soggiorno per i restauri»

IL MATTINO DI PADOVA 18 marzo 2017
di Federico Franchin

LAVORI AL SANTUARIO

ABANO TERME. Il Santuario della Madonna della Salute di Monteortone è ancora un cantiere aperto, con tanto di impalcatura in chiesa. Per il restauro servono tanti soldi e la lista civica Grande…

ABANO TERME. Il Santuario della Madonna della Salute di Monteortone è ancora un cantiere aperto, con tanto di impalcatura in chiesa. Per il restauro servono tanti soldi e la lista civica Grande Abano, che candida sindaco Sabrina Talarico, propone fin d’ora di «destinare annualmente una percentuale dell’imposta di soggiorno per il restauro. Riteniamo rientri nelle finalità dell’imposta», spiega Talarico, «che va utilizzata per la valorizzazione delle risorse turistiche anche attraverso il recupero di beni culturali e ambientali. Il comune deve garantire la migliore fruizione del patrimonio monumentale e storico di Abano. Oltre a contribuire direttamente al restauro, con fondi appositamente stanziati, realizzeremo un progetto complessivo, che possa intercettare importanti finanziamenti regionali e nazionali. Collegando il Santuario di Monteortone ad altri monumenti religiosi europei di uguale livello, potremo infine accedere a cospicui finanziamenti europei, investendo anche sul miglioramento dell’accessibilità viaria e ciclo-pedonale, che aiuti cittadini e turisti a visitare il Santuario, in un percorso ideale di conoscenza del territorio».

MORO, OVVERO IL COLPO DI STATO DEL 16 MARZO 1978

IL DOMANI D’ITALIA 16 marzo 2017
di Lucio D’Ubaldo

Aldo Moro

L’operazione militare di Via Fani, compiuta con quella  ”geometrica potenza” che affascinò l’ala radicale del movimento extraparlamentare di sinistra, ideologicamente contigua  alle Brigate Rosse, portò il 16 marzo del 1978 alla eliminazione fisica dei cinque agenti della scorta e al sequestro di Aldo Moro, Presidente della Democrazia cristiana. Le immagini di quella mattinata di sangue, trasmesse infinite volte dalle televisioni di mezzo mondo, hanno prodotto nella memoria collettiva degli italiani la sensazione di una irrisolta tragedia nazionale.

Alcuni aspetti importanti della vicenda, conclusasi dopo 55 giorni con la uccisione dello statista pugliese, ora sono stati finalmente aggrediti, grazie al lavoro della quarta commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta da Giuseppe Fioroni, con la volontà di farne oggetto di una verifica più intensa e rigorosa. Si sta profilando una verità diversa dal passato, se è certo, come pare, che a Via Fani non ci fosse soltanto il drappello armato delle Br e non mancasse, in quella circostanza specifica e nel corso di tutto il periodo della prigionia di Moro, la presenza più o meno mascherata di esponenti della criminalità organizzata (camorra e banda della Magliana), nonché di agenti esterni, forse legati alla Raf tedesca.

Ci sono state gravi complicità e coperture, che lasciano intravedere un intreccio, anche di tipo internazionale, tra terrorismo brigatista e trame di servizi militari e d’intelligence stranieri, in coincidenza di forti preoccupazioni geopolitiche per gli sviluppi della “terza fase” morotea volta a legittimare,  un decennio prima della caduta del Muro di Berlino, l’inclusione del Partito comunista nell’area della maggioranza di governo. A riguardo, non tutta la nebbia si è dissolta; anzi, man mano che emergono nuove informazioni, sul ruolo ad esempio delle diverse organizzazioni presenti nello scenario sempre inquieto del mediterraneo e del medio-oriente, cresce la consapevolezza del profilo assolutamente straordinario della “operazione Moro”. L’Italia, nella circostanza, ha conosciuto un vero e proprio colpo di Stato, al quale solo la compattezza delle forze politiche democratiche ha potuto opporre un argine. Se non ci fosse stata quella compattezza, i danni sarebbero stati davvero irreparabili, finendo per mettere a repentaglio la tenuta dell’intero ordinamento civile e politico. Non ce ne rendiamo bene conto, ma poteva esplodere una guerra civile. Invece gli italiani non hanno avuto incertezze: tra la folle seduzione del terrorismo e la difesa delle istituzioni, hanno optato per quest’ultima.

Evidentemente le cause del barbaro omicidio del leader democristiano travalicano le stesse contese politiche dell’epoca e trovano le loro radici in ambiti più profondi e non bene identificati. Domina tuttora l’interrogativo sul disegno che abbraccia l’insieme della storia, quindi sulla “mente” capace di dirigerla fino al suo drammatico epilogo. Moro è un martire della nostra libertà, un simbolo ancora vivo nella coscienza popolare. Il suo sacrificio aiuta a capire come la libertà si conquista e poi si riconquista, in modo incessante, talvolta con dolore.

 

Kursaal in vendita Per la Provincia vale tre milioni di euro

 IL MATTINO DI PADOVA 15 marzo 2017
di Federico Franchin

Soranzo stoppa altri bandi dopo il flop delle ultime gestioni e fa stimare la struttura di Abano per avviarne la cessione

ABANO TERME. Quanto vale il Kursaal di Abano? La Provincia, proprietaria dell’immobile, ha la stima del valore della struttura di via Pietro d’Abano. In base alla perizia il Kursaal vale 3.183.000 euro. Il presidente della Provincia Enoch Soranzo ha fissato le tappe per far rinascere la struttura, chiusa ormai da quasi un anno e mezzo dopo il fallimento della Kursaal Srl e l’impossibilità di portare avanti l’appalto da parte del Consorzio Veneto Costruttori e Servizi.

La Provincia ha deciso di mettere in vendita il bene dopo essersene tornata proprietaria in maniera definitiva. La perizia disposta dall’ente è suddivisa in tre blocchi. Il bar e la sala ristorante, l’ex Gran Caffè delle Terme per intenderci, sono stati stimati 1.733.000 euro. La sala congressi e il cinema hanno, per il perito, un valore di 1.050.000 euro. Il terzo blocco è costituito da tre uffici che hanno un valore complessivo di 400.000 euro (240.000, 108.000 e 52.000 euro). Nella perizia rientra anche il giardino, conteggiato nei tre blocchi come “quota condominiale”. «L’Ufficio Legale sta cercando di risolvere la questione Cvcs», spiega il presidente della Provincia Enoch Soranzo. «C’è un contenzioso in atto, che stiamo cercando di portare a termine con la restituzione da parte del consorzio dell’immobile, che risulta anche sotto sequestro. Il privato è inadempiente rispetto agli impegni presi». Solo dopo aver risolto la questione Cvcs la Provincia potrà imbastire delle trattative di vendita del Kursaal. «Pensare ad un altro bando per la gestione, dopo il fallimento dell’ultimo tentativo, non avrebbe senso», rileva Enoch Soranzo. «A noi interessa far rivivere il Kursaal e farlo tornare al suo antico splendore. È un bene che riteniamo importantissimo per Abano. Daremo nella cessione la prelazione al pubblico. L’ideale sarebbe che finisse nelle mani dei Comuni, ma sappiamo che devono fare i conti con le questioni di bilancio. Più probabile quindi poi si arrivi ad un bando che coinvolga i privati». I tempi secondo Enoch Soranzo dovranno essere velocissimi. «Cercheremo di fare il possibile per riuscire a trovare un proprietario che dia al Kursaal il futuro che merita».

«Tolleranza zero per chi rovina negozi e parchi»

IL MATTINO DI PADOVA 14 marzo 2017
di Federico Franchin

Il candidato sindaco Barbierato ieri mattina in tour a piedi nel centro di Abano «Piazza della Repubblica? Prima dei lavori dialogo con cittadini e commercianti» 

ABANO TERME. «La città è in preda ai vandali e serve fare qualcosa per garantire la massima sicurezza a residenti, commercianti e turisti». Federico Barbierato, candidato sindaco di Abano, scende in strada per incontrare la gente, raccogliere consigli e dare messaggi di vicinanza. Sono scattati ieri mattina gli incontri itineranti di Federico Barbierato. Dopo i recenti atti di vandalismo accaduti in piena isola pedonale il candidato sindaco ha improvvisato una visita ai commercianti e ai residenti del centro, partendo da piazza Repubblica. «Seppur siano episodi di vandalismo ricollegabili ai giovani», ha osservato Barbierato di fronte ad una ventina di persone, preferendo esprimersi in dialetto invece che in Italiano, «serve avere tolleranza zero verso chi rovina l’immagine della nostra città. Sabato sera è capitato a via Busonera e lo stesso accade da tempo nei trenta parchi della città. La nostra immagine di città turistica è stata rovinata da altre vicende e quindi non possiamo permetterci ulteriori passi falsi. Serve tolleranza zero verso i delinquenti, i teppisti e i cattivi amministratori».

«Tutti dobbiamo fare qualcosa e avvertire le forze dell’ordine nel caso vedessimo qualche movimento sospetto», ha aggiunto. «Metteremo in piedi un numero WhatsApp per le segnalazioni e rendere partecipe la gente della cura della città». Federico Barbierato proseguirà il suo tour a piedi nelle periferie e nei parchi. «Credo sia arrivato il momento di installare delle telecamere di videosorveglianza. Un parco degradato e in disuso è prima di tutto un male per la città e poi un cattivo biglietto da visita per i nostri turisti». Il candidato sindaco ha parlato con i commercianti di piazza Repubblica. «C’è un progetto di riqualificazione dell’area deciso dalla precedente amministrazione, del quale commercianti e residenti della zona non sanno nulla. È necessario, prima di partire con lavori affrettati, sedersi ad un tavolo e parlarne tutti assieme. Il metodo degli ultimi cinque anni è stato sbagliato. Serve un confronto continuo tra Comune, cittadini e commercianti. Le decisioni bisogna prenderle dopo aver sentito la gente». Barbierato ha poi portato la sua solidarietà ai titolari del Roxy Bar, colpito sabato da un atto vandalico.

Ecco le nuove leve dell’accattonaggio Ascom in allarme

IL MATTINO DI PADOVA 11marzo 2017
di Federico Franchin

Ghiraldo: «Registrati numeri record sul listòn di Abano Ora serve un’azione di contrasto per tutelare i turisti»

ABANO TERME. Ad Abano arrivano le nuove leve dell’accattonaggio, una sorta di squadra “primavera” a supporto di quella più esperta, ormai consolidatasi da anni in isola pedonale ad Abano. Da qualche giorno si è riaperta alle terme la stagione turistica e puntualmente sono tornati a presentarsi i mendicanti, pronti a chiedere l’obolo a turisti e passanti, che in questi giorni di primavera anticipata stanno prendendo d’assalto il listòn di Abano. Sono numeri record quelli fatti registrare in questo avvio di marzo. «Gli accattoni sono praticamente raddoppiati», rileva Michele Ghiraldo, presidente mandamentale di Ascom. «Ogni mendicante si è portato con sé un ragazzo giovane per inserirlo nel contesto. Solo l’altro giorno ne avevo quattro di fronte al mio negozio di frutta e verdura in viale delle Terme e quattro ce n’erano pure in via Jappelli. Se prima c’erano le 5-6 facce note, ora il numero di accattoni supera la decina. Sono numeri raddoppiati, che certamente ci fanno preoccupare». C’è un’immagine di Abano da preservare e ci sono turisti da conservare. «I mendicanti sono una sorta di stalker che importunano, senza farsi alcun problema, i passanti e i turisti», spiega Ghiraldo. «Cercano in tutti i modi di spillare l’elemosina e i nostri turisti sono molto spesso costretti a sganciare la monetina per liberarsene». Non sono solo gli accattoni a preoccupare i commercianti del centro, ma anche i venditori abusivi, che entrano puntualmente in azione di sera. «Quando cala la sera spariscono gli accattoni e arrivano i venditori abusivi di origine pakistana, anche questi raddoppiati con l’apertura della nuova stagione rispetto al passato», annota ancora Ghiraldo. Urge quindi un’azione forte di contrasto. «Il turismo di Abano è diverso da quello di Padova o Verona», tiene a precisare Ghiraldo. «Da noi la clientela è mediamente di età avanzata e viene ad Abano per stare tranquilla. Confidiamo che l’azione programmata dalla Polizia locale, che ha deciso di schierare i vigili di quartiere, porti presto gli agenti a girare a piedi per l’isola pedonale».

ABANO VERSO LE URNE Centrodestra diviso sulle candidature degli ex claudiani

IL MATTINO DI PADOVA 10marzo 2017
di Federico Franchin

ABANO TERME. La presenza degli ex amministratori dell’era di Luca Claudio spacca il centrodestra, che non andrà quindi unito alle prossime amministrative di Abano.

Il no secco alla presenza di ex consiglieri ed ex assessori appartenenti all’ultima amministrazione Claudio da parte del comitato Abano dice No, di Lega Nord e Forza Italia ha portato ad una spaccatura nei confronti di Fratelli d’Italia, pronta comunque ad accogliere quanti hanno amministrato negli ultimi cinque anni.

«Ci siamo scontrati sulla candidatura di ex consiglieri e assessori della giunta Claudio», spiega Fabio Tambozzo, segretario locale della Lega Nord, «Non potevamo accettare le proposte di FdI, pronti a candidare ex claudiani nelle loro liste: non abbiamo nulla contro quegli amministratori, che siamo certi non c’entrino nulla con le vicende giudiziarie che riguardano l’ex sindaco, ma non possiamo rischiare che a otto giorni dal voto esca magari un avviso di garanzia che tocchi una di queste persone. Vogliamo allestire liste con persone inattaccabili e nuove per la politica». «A proposito, con FdI», prosegue Fabio Tambozzo, «ci siamo anche scontrati sul nome del candidato sindaco. Il partito capitanato da Elvio Turlon voleva proporre Paolo Gruppo come candidato sindaco, noi crediamo che Gruppo faccia parte della politica preistorica di Abano. Dopo 40 anni continua a presentarsi, conscio di non aver mai avuto grande riscontro. Crediamo invece che la persona giusta sia Emanuele Boccardo, persona nuova, imprenditore, con il quale condividiamo le stesse idee. Non a caso martedì abbiamo ufficializzato l’accordo con Boccardo, sottoscritto anche dagli amici di Fi».

I Fratelli d’Italia vanno quindi avanti da soli, ribadendo la volontà di candidare a sindaco Paolo Gruppo e l’apertura verso gli ex amministratori, giudicati dagli esponenti del partito della Meloni vittime e non responsabili di quanto accaduto ad Abano e quindi lontani dal sistema tangentizio che ha visto coinvolto l’ex sindaco Luca Claudio.

Luca Claudio torna in carcere a causa dell’intervista al “mattino”

IL MATTINO DI PADOVA 6 marzo 2017
di Cristina Genesin

Si era di nuovo proclamato vittima innocente. Violazione dell’obbligo di silenzio: sono durati meno di quattro giorni gli arresti domiciliari per l’ex sindaco di Abano

Colpa dell’intervista rilasciata al Mattino di Padova dove, paragonandosi a Gesù Cristo («Mi hanno distrutto. Io avevo dalla mia il popolo ma il popolo ha aspettato il Messia, lo ha ammazzato e poi lo ha fatto santo»), ha ribadito la propria innocenza a dispetto dell’esito del procedimento penale, ha tuonato contro l’inchiesta («Non c’è un solo passaggio in cui si prova che io abbia preso dei soldi. Tutto ruota attorno al fatto che una persona dice: “Ho intascato denaro ma doveva essere per Luca Claudio”»), ha descritto se stesso come un novello Davide contro Golia («Ho vinto con il popolo, senza i partiti. Ero io e basta. Sono stati tutti spiazzati. Ero diventato l’esempio che si può fare strada anche senza avere alle spalle poteri forti»).

Violazione delle prescrizioni imposte nel provvedimento che concedeva gli arresti domiciliari: ecco il motivo che ha rispedito dietro le sbarre l’ex sindaco-pirata di Montegrotto prima e di Abano Terme poi secondo il nuovo provvedimento firmato dal gip Tecla Cesaro, lo stesso che aveva firmato i domiciliari, su richiesta della procura di Padova guidata da Matteo Stuccilli.

Claudio è stato il regista e il protagonista del sistema di corruzione scoperto alle Terme. Un sistema durato un decennio per il quale, lo scorso dicembre, aveva patteggiato 4 anni di reclusione per induzione indebita a dare o a promettere utilità (concussione per induzione), corruzione, concussione e turbativa d’asta oltre al risarcimento, mentre il giudice aveva disposto pure il sequestro di 11 immobili a lui riconducibili (tra cui un appartamento in centro a Roma) in vista dell’eventuale confisca che scatterà quando la sentenza diventerà definitiva.

Giovedì pomeriggio l’uscita dal Due Palazzi dov’era rinchiuso dal 23 giugno 2016 per il trasferimento in un appartamento preso in locazione a Porto Viro, in provincia di Rovigo. Un lungo e complesso lavoro del collegio difensivo (il penalista Ferdinando Bonon con il professor Giovanni Caruso) era riuscito a “strappare” il provvedimento che consentiva di scontare il resto della condanna fuori dalla struttura penitenziaria.

Dopo l’intervista ai domiciliari Claudio rischia di tornare in cella

IL MATTINO DI PADOVA 5 marzo 2017
di Carlo Bellotto e Federico Franchin

Ad Abano e Montegrotto univoco il commento dei politici. Talarico: «Basta, è ora che cali il silenzio». Lazzaretto: «Dichiarazioni imbarazzanti». Tambozzo: «Vuole influenzare la campagna elettorale»

ABANO TERME. La sua fama lo ha sempre preceduto. Non le ha mai mandate a dire.

I suoi giudizi e le sue opinioni, almeno quelle che finivano sulla stampa sono sempre stati taglienti, senza peli sulla lingua. Luca Claudio, ex sindaco di Abano e Montegrotto è così e resta così, non lo hanno cambiato nemmeno 252 giorni di carcere. Ma l’intervista rilasciata al mattino nella quale si professa innocente potrebbe costargli caro. Nelle poche righe nelle quali il giudice Tecla Cesaro gli ha concesso gli arresti domiciliari c’era il divieto di comunicare con persone diverse dai suoi familiari. Ora l’ex sindaco rischia un richiamo formale da parte del giudice o, nel caso in cui il non aver rispettato questa prescrizione venga ritenuto, una volta valutati i motivi e le circostanze della violazione, un comportamento grave, un inasprimento della misura, che vorrebbe dire tornare in carcere.

L’ex primo cittadino si trova ancora in custodia cautelare, visto che la sentenza di patteggiamento a 4 anni per le mazzette alla Terme non è ancora diventata definitiva (lo sarà a breve). Quindi l’eventuale decisione in merito al suo comportamento la prende il Gip, come prescrive l’articolo 276, comma 1 del codice di procedura penale, eventualmente dopo aver valutato una richiesta del pubblico ministero Federica Baccaglini e previo esame della relazione della polizia giudiziaria preposta alla vigilanza sugli arresti domiciliari di Luca Claudio. Se il pm non richiederà l’aggravamento della misura, molto probabilmente Claudio la passerà liscia.

Nel frettempo dei contenuti dell’intervista si è parlato alle Terme dove è unanime il pensiero dei suoi avversari dopo la sua ennesima professione di innocenza. «Non vorremmo più sentirne parlare», osserva Sabrina Talarico di Grande Abano «Vorremmo calasse il silenzio su una triste vicenda che ha pesantemente segnato le Terme. Su una persona che ha governato per 15 anni due città e che ha ammesso episodi di corruzione patteggiando 4 anni di reclusione, il giudizio politico è negativo e prescinde da quello giudiziario. Ci auguriamo che sia un capitolo chiuso. Siamo certi che Abano meriti uno splendido futuro e un’amministrazione fatta di persone perbene e competenti, che migliorino l’economia e l’immagine della città». Monica Lazzaretto di 35zero31 le fa da eco. «Trovo imbarazzanti le dichiarazioni di Claudio», dice. «Dovrebbe imparare a tacere, perché Abano ha bisogno di guardare avanti senza di lui. Claudio deve riflettere, riprendersi la sua vita: la città ha già cambiato pagina». È forte anche la reazione di Fabio Tambozzo della Lega Nord. «Claudio continua a dare messaggi distorti alla sua gente», rileva Tambozzo «Sta tentando di influenzare la campagna elettorale. È già imbarazzante pensare ci sia qualcuno che lo voti o che voti i suoi seguaci. Faccio presente a Claudio che i partiti non possono influenzare la magistratura». Gian Pietro Bano dei Cittadini per il Cambiamento. «Mi auguro cali presto il silenzio sulla vicenda di Luca Claudio. Continua a professarsi innocente come quando era in libertà. I giudici dovrebbero riprenderlo dopo che ha anche patteggiato e quindi ammesso le proprie colpe. Claudio non è andato contro il sistema, sono invece i partiti che non hanno voluto il suo sistema». Federico Barbierato, candidato sindaco. «Sinceramente meglio pensare alla sicurezza, vista la rapina di ieri, che a Claudio. Abano vuole cambiare pagina. Che era innocente lo diceva anche in campagna elettorale, tutti hanno capito il suo gioco». Emanuele Boccardo, candidato per Abano dice No. «Con i partiti è opportuno dialogare dato che rappresentano le istituzioni. I cambiamenti si fanno dall’interno». «Rimango basito», aggiunge Alessio Zanon candidato di Forza Abano. «Se lui stesso ha ammesso ora si professa innocente? Ce l’ha coi partiti perché non l’hanno mai candidato alle regionali e provinciali». Infine lapidario il commento del sindaco di Montegrotto Riccardo Mortandello. «Lasciamo a Claudio il suo momento di gloria. Meglio non commentare e pensare anzi al fatto che ora può riabbracciare i tre figli e i suoi genitori».

L’esilio di Luca Claudio: “Ho pianto solo per i miei figli”

Intervista all’ex sindaco a Porto Levante: “Mi hanno isolato perchè adesso i partiti mi temono” 

IL MATTINO DI PADOVA 4 marzo 2017
di Enrico Ferro inviato a Porto Levante

PORTO LEVANTE. Un appartamento di 40 metri quadrati ricavato all’ultimo piano di un residence nato dalla spinta di un turismo che non c’è più. All’orizzonte non ci sono i tetti degli alberghi extra-lusso con l’acqua termale ma i pennoni delle barche a vela. Il mare davanti. E la laguna dietro.

Poi il nulla a perdita d’occhio.

«Questo è esilio. Mi vogliono tenere in esilio fino alla presentazione delle liste. Mi temono perché io ho dimostrato che si può vincere anche senza nessuno alle spalle».

Luca Claudio, l’ex sindaco di Abano, ora vive qui, in questa lingua di terra strappata al mare sul Delta del Po. Il complesso residenziale “Le Bitte” di Porto Levante è la “cella” in cui dovrà scontare la detenzione domiciliare. C’è la piscina ma la vasca scrostata contiene solo acqua verdognola. Gli appartamenti sono disposti ad alveare: piano terra, primo e secondo piano. Uno in fila all’altro. La decadenza viene esaltata dalla regolarità della costruzione e così anche l’intonaco bianco annerito dal tempo sembra quasi togliere il respiro.

Per ritrovare aria bisogna necessariamente alzare la visuale sulla darsena, dove le barche sono ormeggiate in attesa di mesi più caldi. Da qui la Croazia è raggiungibile con un paio d’ore di navigazione.

 

La struttura è stata concepita negli anni del boom economico, forse sperando in uno sviluppo del turismo nel Delta. Oggi all’ingresso del residence “Le Bitte” le etichette bianche sul pannello del citofono sono numerose. Una è stata sistemata in fretta e furia con un pezzo di nastro adesivo da pacchi marrone. Sopra c’è un nome scritto con la penna biro. Quel nome è Luca ed è seguito da un cognome: Claudio. L’ex sindaco prodigio, arrestato 48 ore dopo la sua rielezione, giovedì ha trascorso la prima notte fuori dal carcere e l’ha passata chiacchierando con il fratello Marco. Hanno bevuto prosecco e mangiato taralli. Hanno parlato fino all’alba. Uno scampolo di vita normale dopo 252 giorni nell’inferno della galera.

Lei dice che la temono. Per quale motivo dovrebbero temerla?

«Perché sono stato eletto quattro volte consecutive, unico in Italia. Ho vinto con il popolo, senza i partiti. Ero io e basta. Sono stati tutti spiazzati. Ero diventato l’esempio che si può fare strada anche senza avere alle spalle poteri forti e politica».

La descrive come fosse una congiura. Ma ordita da chi?

«Facendo del male a me non fanno male a nessun altro. Guardi com’è finita con Alemanno, o con Marino, o con Galan? Nessuno ha vissuto quello che sto vivendo io. Il sistema non lo cambi. Io ci ho provato. Ero l’unico che all’opposizione aveva tutti: Lega, Forza Italia, le sinistre. In questo modo mi hanno dimostrato che da solo non si va da nessuna parte».

Qualche errore l’avrà pur commesso?

«Il mio unico errore è stata la presunzione di pensare che ce l’avrei fatta anche da solo. Col cavolo! Mi hanno distrutto. Io avevo dalla mia il popolo ma il popolo ha aspettato il Messia, lo ha ammazzato e poi lo ha fatto santo».

Le contestano di aver creato un sistema a base di tangenti nell’area dove ha amministrato per un decennio.

«Nessuno ha fatto carcere per questo. Galan ha scontato qualcosa più di tre settimane. E parliamo del Mose, che ora rischia pure la prescrizione. A me hanno notificato un arresto il 24 dicembre. E ad aprile prossimo vado a processo. Come si fa a non notare queste differenze?».

Però c’è un’indagine della Guardia di finanza che delinea una realtà ben precisa tra Abano e Montegrotto.

«Io sono innocente, non c’entro. Non ho fatto quello che dicono. Ma devo dimostrarlo. Bastano tre persone che dicono “sei un ladro” e diventi un ladro. Quando una cosa è costruita come fai a difenderti? Ti chiedono dov’eri nel 2008, non lo ricordi e diventa una prova contro».

Dunque sarebbe tutto inventato?

«Non c’è un solo passaggio in cui si prova che io abbia preso dei soldi. Tutto ruota attorno al fatto che una persona dice: “Ho intascato denaro ma doveva essere per Luca Claudio”.

Sta preparando un grande ritorno?

«Non nutro un sentimento di odio e nemmeno di rivalsa. La mia unica arma sarà la verità. Io credevo nelle istituzioni, nel cambiamento. Io ho indossato la fascia tricolore».

Quindi difende il suo operato?

«Con me Abano era tornata in auge. Invece ora c’è stato un Natale tristissimo, il Carnevale pure. Abano e Montegrotto, al momento, sono morti. Io ho dimostrato che le cose si potevano fare anche senza amici onorevoli».

Ritiene che la città che amministrava sia cambiata in questi mesi?

«Ho sempre fatto il bene della mia città. Ha visto la storia dei profughi al Primo Roc? Con me sindaco non potevano nemmeno abbozzarlo un ragionamento del genere. Li avrei subito mandati a quel paese».

Questi sembrano i ragionamenti di una persona che sta aspettando il momento giusto per tornare alla politica.

«No, basta politica. Voglio solo ripartire, riavere i miei figli, la mia famiglia. Una vita tranquilla, normale. Il carcere è un’esperienza devastante».

Ecco, ci parli dei suoi 252 giorni al Due Palazzi.

«Ero in cella con delinquenti di tutti i tipi: 30 metri quadrati in sette. Tunisini, marocchini albanesi, moldavi. È allucinante. Devi stare lì, concentrato. Passi il tempo a sperare di sopravvivere».

Ha fatto amicizia con qualcuno?

«Io cercavo di rimanere sempre nel metro quadrato che mi ero ricavato all’interno della cella. Raramente uscivo. Avete scritto persino che giocavo a calcio con Freddy Sorgato, quando in realtà l’ho visto sì e no tre volte».

Indossa una collana a rosario in plastica azzurra. L’ha messa mentre si trovava dietro le sbarre?

«È il regalo di un detenuto, uno con cui avevo legato».

Sul dorso della mano, tra il tatuaggio della stella e quello dell’occhio di Horus (simbolo di prosperità nella religione egizia), lei ha una grossa bruciatura. Cosa le è successo?

«Storie di carcere ma ora non mi va di parlarne. Non ne ho voluto parlare nemmeno con mio fratello».

Qual è l’aspetto più difficile della vita in carcere?

«Il tempo che non passa mai, le sofferenze che hai davanti agli occhi. Tutti che parlano solo di rapine, di omicidi, di droga. Un sistema che non si può capire se non lo si vive. Un piccolo esempio: le pulizie sono affidate a turno ai detenuti e quindi vige sempre la legge del più forte. C’è stato un momento in cui avevo smesso di mangiare, poi però mi sono convinto ad andare avanti. A non arrendermi».

Adesso però è finita, lei è di nuovo fuori. Non completamente libero ma fuori.

«L’ultimo danno nei miei confronti è questo: l’esilio. Uscire dal carcere e non potere nemmeno andare dai miei figli».

Già, i suoi figli.

«Hanno 16, 15 e 8 anni. Vivono a Montegrotto. In questi mesi sono stati attaccati e presi in giro dai compagni di classe. Come lo chiamate voi? Bullismo, vero?».

Perché Porto Levante? Non poteva andare bene anche Sottomarina?

«Evidentemente Sottomarina era troppo vicina. Mi volevano mandare lontano e hanno scelto questo nulla».

Però c’è il mare, la laguna. Tutto sommato ha un suo fascino.

«Ma si è guardato un po’ intorno? Si rende conto che i miei familiari per venire a trovarmi devono percorrere più di 70 chilometri?».

Quanto è grande il suo appartamento?

«È un mini, credo 40 o 50 metri quadrati. Ma non mi interessa, rispetto alla galera mi sembra una reggia».

Nella sua prima notte, dunque, non ha dormito granché.

«Io e mio fratello siamo stati insieme tutta la notte. Abbiamo mangiato quel poco che c’era, abbiamo fatto fuori una bottiglia di vino in due. C’era anche qualche goccio di Campari, a dire il vero. Non era tempo per dormire».

Di cosa avete parlato?

«Di tutto tranne che di carcere. Per quello non sono ancora pronto».

Manca la domanda più banale: come si sente?

«Male, per me è stato un fallimento. Ripeto, io ho indossato una fascia tricolore per anni. Rappresentavo le istituzioni e ora mi sono ridotto a questo. Avete scritto di tutto su di me e io lo capisco ma voi dovete capire me. Questa è pur sempre la mia vita».

Nuovo Centro Aliper Sos di Barbierato ad Aversa

BarbieratoIL MATTINO DI PADOVA 28 febbraio 2017
di Federico Franchin

ABANO TERME. Federico Barbierato (nella foto), candidato sindaco con tre liste civiche a suo nome (è appoggiato anche dal Partito Democratico e dalla lista “Cittadini per il cambiamento”), fa un appello al commissario straordinario del Comune di Abano, Pasquale Aversa, sulla questione del nuovo centro commerciale Aliper, previsto nei pressi della discoteca Dancing P1.

«Un tentativo da parte del commissario potrebbe essere fatto», spiega Barbierato che si è sospeso dalla carica di direttore generale dell’Ascom dopo aver ufficializzato la sua candidatura a sindaco di Abano. «Aversa potrebbe andare a scartabellare le procedure passate e vedere se tutti gli atti sono stati correttamente eseguiti. Ma il prossimo sindaco si insedierà solamente a giugno, troppo tardi se il commissario volesse decidere prima riguardo questa vicenda».

Federico Barbierato, 47 anni, aponense doc, era stato in prima linea nel 2012 da esponente dell’Ascom nella protesta contro il centro commerciale. «Nonostante le promesse avanzate in campagna elettorale, Luca Claudio quando si insediò si comportò in maniera totalmente diversa», spiega. «L’ex sindaco di Abano ha tradito i suoi elettori, portando avanti il progetto di un centro commerciale, una inutile colata di cemento alla quale si era invece detto contrario. Noi come Ascom le abbiamo provate tutte, compreso un ricorso al Tar, che non è stato preso in considerazione, in quanto siamo stati ritenuti un’associazione non legittimata a farlo. Continuiamo a sostenere che quel centro commerciale costituisca un disastro per la vicina Villa Mocenigo Mainardi, per la situazione idrogeologica dell’area e per le botteghe del bacino termale euganeo che saranno destinate a morire. Dovessi insediarmi a capo di questo comune, se sarà ancora possibile, le proverò tutte, anche se purtroppo in questo momento l’iter è andato avanti e la legge rischia di essere dalla parte del Gruppo Alì-Aliper».

Il commissario, che aveva deciso di voler concludere l’iter e sospeso il progetto di un’altra struttura di vendita in Piazza Mercato, dove sono previsti altri 5.000 metri di cemento, ci ripenserà?